MARLA 7.22

MARLA #7.22

GET RICH OR DIE TRYIN’


estate 2022

MARLA #7.22 - Get rich or die tryin'

Marla è il magazine di info.nodes, organizzazione no profit attiva dal 2020, costituita da un gruppo di persone che credono in una società libera, aperta, dove ingiustizie e ineguaglianze sono contrastate da una cittadinanza attiva.

Per questo promuoviamo il lavoro di giornalisti di inchiesta, attivisti, civic technologists e di chiunque condivida la nostra visione.

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MARLA 7.22 - a cura di

Davide Del Monte


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INDICE

🕑 TEMPO DI LETTURA TOTALE:  dall'asciugamano al mare di corsa ⛱️

INTRO


In questa torrida estate, che molti descrivono come la più fresca dei prossimi anni, facciamo una passeggiata tra i primi e gli ultimi del mondo.


Accompagnati dall’invisibile mano della Provvidenza, che pare essersi stancata di tenere il tavolo in equilibrio (ammesso che l’abbia mai fatto) lasciando tutto all’entropia del libero mercato, ci muoviamo tra bancarelle di gadget turistici dei centri storici delle città d’arte fino ad arrivare alle favelas del Brasile, dove dal cielo non cadono gocce di pioggia, ma proiettili dell’esercito.


Seguendo le rotte del traffico di esseri umani vediamo i corpi e i volti delle migliaia di bambine rapite ogni anno per arricchire il business della prostituzione, attraversiamo le insostenibili cittadelle di cemento e asfalto delle multinazionali della logistica, finiamo il tour delle ingiustizie all’interno di un qualsiasi carcere italiano, sapendo di trovarlo sovraffollato e rovente.


Riprendendo il titolo di un report di Oxfam, possiamo dire che il percorso che conduce “dalla crisi alla catastrofe” non ci è mai parso così in discesa. Forse non è quello che vorremmo leggere in spiaggia, sotto l’ombrellone, ma il mondo è così e non l’ho certo inventato io.



GET RICH

L’art. 36 della Costituzione italiana sancisce che “il lavoratore ha diritto ad una retribuzione proporzionata alla quantità e qualità del suo lavoro e in ogni caso sufficiente ad assicurare a sé e alla famiglia un'esistenza libera e dignitosa”.

Sarebbe interessante riuscire a valutare la “quantità e qualità” del lavoro dei top manager italiani, rispetto a quella di un comune dipendente di una loro azienda, dato che, come spiega Milena Gabanelli in un recente episodio di Dataroom “nel 1980 gli amministratori delegati più pagati ricevevano 45 volte la paga media degli impiegati, oggi siamo arrivati a 649 volte”.

Nello stesso video la giornalista propone alcuni esempi di CEO e manager di grandi gruppi internazionali e italiani con stipendi fuori da ogni logica e, ça va sans dire, non stupitevi se sentirete solo nomi maschili: come abbiamo raccontato nella nostra inchiesta “Sesso è potere” i ruoli apicali nelle multinazionali, così come in politica, sono destinati quasi esclusivamente a uomini.


Le grandi aziende non si limitano a spendere solamente in stipendi faraonici per i propri manager. Anche le attività di lobbying sono ben finanziate, in particolare quando servono a convincere i leader di un Paese o di un continente ad accettare un nuovo tipo di business. E’ il caso di Uber: grazie a dei file riservati di cui è venuto in possesso,
il  Guardian ha rivelato la storia di come il gigante della tecnologia abbia violato le leggi, ingannato la polizia, sfruttato la violenza contro i conducenti e fatto pressioni sui governi in segreto per facilitare la sua aggressiva espansione globale. 

Da Biden a Scholz, da Macron a Renzi, tutti i leader occidentali hanno subito - e spesso, diciamolo, accettato - le pressioni del colosso di San Francisco. La Commissione Europea sta addirittura pensando di avviare un’indagine sulla sua ex vicepresidente Neelie Kroes, dopo che i file trapelati indicano che avesse aiutato Uber a fare pressioni sul primo ministro olandese, Mark Rutte, e una serie di altri politici nazionali olandesi. 


In Italia le strategie di lobbying di Uber - e di molti altri grandi gruppi industriali - sono facilitate dall’assenza di una legge e di regole chiare e trasparenti su questo tipo di attività. Da diversi anni molte organizzazioni chiedono che si ponga un freno alla possibilità di fare lobbying in maniera del tutto opaca: la vittoria della
coalizione coordinata da The Good Lobby Italia, che è riuscita nell’impresa di far approvare una proposta di legge alla Camera, è ora naufragata a causa dello scioglimento anticipato del Parlamento. Pazienza, penseranno alcuni, abbiamo aspettato più di 70 anni prima di vedere approvare una legge sul lobbying in Italia, possiamo aspettarne altri 70.


Cambiando argomento, ma rimanendo nel solco dei disastri provocati dall’economia delle piattaforme, lettori e le lettrici più affezionate ricorderanno che nel numero di
MARLA #4.22 avevamo raccontato di Venezia, città ormai completamente dysneificata, e della denuncia di The Art Newspaper su come la città ormai abbia espulso gran parte dei suoi residenti, per garantire ospitalità quasi unicamente ai turisti mordi e fuggi. Un dato impressionante, su tutti, è quello relativo agli abitanti del centro storico, calati dai 175.000 del 1951 agli appena 52.000 odierni.

Isaia Invernizzi riprende il tema con un interessante approfondimento basato sui dati, pubblicato dal Post, partendo dalla decisione del sindaco di Venezia di limitare gli affitti brevi offerti ai turisti da piattaforme online come Airbnb. La strada per la città e per i suoi abitanti è sicuramente in salita, ma siamo quantomeno di fronte a una seppur tardiva presa di coscienza rispetto al problema… e non è poco.

Isaia Invernizzi riporta anche alcuni esempi di altre città europee che già da alcuni anni stanno cercando di limitare i danni provocati dalle piattaforme di affitti brevi. “Nel centro storico di Amsterdam gli appartamenti non possono essere affittati per più di 30 giorni all’anno, a Ginevra per più di 60 giorni, mentre a Londra e Madrid il limite è di 90 giorni all’anno.

Già dal 2017, a Parigi, il comune ha imposto ai proprietari di affittare case o stanze al massimo per 120 giorni all’anno. Ogni alloggio, inoltre, è stato registrato con un codice per evitare che la soglia massima venisse superata ricorrendo ad annunci pubblicati su diverse piattaforme. Finora nelle principali città europee dove sono state introdotte limitazioni, però, i problemi non sono stati risolti del tutto perché è complicato applicare queste regole”.


Se parliamo di Venezia, una delle prime cose che paradossalmente vengono in mente sono le grandi navi da crociera. E proprio sul gruppo Msc, che pare in procinto di acquistare l’ex Alitaia, si posa l’attenzione di Stefano Vergine, che in un’
inchiesta pubblicata sul Fatto Quotidiano, racconta come per comprare l’ex compagnia di bandiera, il colosso di Aponte usi un veicolo lussemburghese, controllato da una società di Cipro. Lussemburgo, Cipro e Svizzera. Tre paradisi fiscali europei uniti da un nome: Msc. In queste tre nazioni, caratterizzate da scarsa trasparenza societaria e imposte bassissime, sono dislocate le holding principali del gruppo scelto dal governo italiano come possibile acquirente di Ita Airways, la ex Alitalia”. Insomma, i cittadini attraverso le proprie tasse hanno pagato per anni una società morente e in continua perdita, che ora potrebbe finire nel portafoglio di un’altra grande azienda che le tasse le paga nei paradisi fiscali, ma non in Italia.



Non voglio l'armonia, è per amore dell'umanità che non la voglio. Preferisco rimanere con le sofferenze non vendicate. Preferisco rimanere con le mie sofferenze non vendicate e nella mia indignazione insoddisfatta, anche se non dovessi avere ragione. Hanno fissato un prezzo troppo alto per l'armonia; non possiamo permetterci di pagare tanto per accedervi. Pertanto mi affretto a restituire il biglietto d'entrata. E se sono un uomo onesto, sono tenuto a farlo al più presto. E lo sto facendo. Non che non accetti Dio, Alëša, gli sto solo restituendo, con la massima deferenza, il suo biglietto".

 

"Questa è ribellione", disse Alëša sommessamente e a capo chino.


OR DIE TRYIN'

Sono passati ormai 15 anni dall’uscita di Tropa de elite, film che racconta dei metodi poco ortodossi e ultraviolenti utilizzati dal battaglione per le Operazioni Speciali della Polizia Militare dello Stato di Rio de Janeiro, ma poco sembra essere cambiato. Come riporta Al Jazeera, giovedì 21 luglio sono state uccise almeno 18 persone in un’operazione della polizia brasiliana in un complesso di 13 favelas nel nord di Rio de Janeiro dove, abitato da  circa 70mila persone. Il raid è per ora solo l’ultimo episodio di una serie di operazioni mortali operate dalla polizia e dall’esercito nelle favelas di Rio de Janeiro. Da anni questi episodi suscitano l’ira e la costante preoccupazione da parte di diverse organizzazioni per i diritti umani. Sempre secondo Al Jazeera, nel maggio dello scorso anno, più di venti persone sono state uccise in un raid nella favela Jacarezinho, provocando indignazione e proteste tra i residenti e stimolando richieste di responsabilità da parte degli attivisti per i diritti umani e degli osservatori internazionali. Ma il presidente brasiliano Jair Bolsonaro ha difeso le tattiche della polizia nella loro lotta contro la criminalità organizzata, affermando che i i criminali devono "morire come scarafaggi".


Su
Magnum Focus, un’intervista al fotografo Thomas Dworzak ci permette di esplorare il contrasto tra il mondo scintillante e moderno delle criptovalute e la dura realtà della vita quotidiana in El Salvador. All'inizio di quest'anno, Thomas Dworzak si è recato in America Centrale per documentare la vita in El Salvador dopo che il presidente Nayib Bukele ha adottato Bitcoin come valuta legale. Lo stesso Bukele ha anche annunciato l'intenzione di costruire una “città Bitcoin” alla base di un vulcano, finanziata interamente con criptovalute. La reazione della popolazione di El Salvador è stata tutt'altro che tranquilla, con proteste su larga scala in risposta ai timori di instabilità e inflazione. Sei mesi dopo, il fotografo tedesco ha deciso di esplorare la realtà di questa nuova "Bitcoin Nation". Vi consigliamo caldamente di farvi un tour virtuale, questo sì, grazie alle sue foto.


263 milioni di persone in più potrebbero ritrovarsi in condizione di povertà estrema quest’anno, per l’effetto combinato della crisi Covid, di una ripresa non inclusiva e dell’aumento dei prezzi dei generi alimentari, causato dal conflitto in Ucraina. Complessivamente ben 860 milioni di persone si ritroverebbero costrette a sopravvivere con meno di 1,90 dollari al giorno e 827 milioni soffrirebbero la fame.

È l’allarme lanciato da Oxfam con il rapporto “Dalla crisi alla catastrofe”, pubblicato alla vigilia degli Spring Meetings della Banca Mondiale e del Fondo Monetario Internazionale, che si sono tenuti a Washington dal 18 al 24 aprile.


Un altro report importante uscito a luglio è “Piccoli Schiavi Invisibili 2022” XII edizione del rapporto sulla tratta e lo sfruttamento minorile a cura di Save the Children.

Come spiega l’ONG “la tratta degli esseri umani è ancora oggi uno dei mercati illeciti più diffusi e proficui in tutto il mondo accanto a quello relativo al traffico di droga e armi.

È evidente che il fenomeno dello sfruttamento stia evolvendo, le emergenze globali hanno determinato dei cambiamenti che rendono i minori sfruttati spesso invisibili e poco efficaci i tradizionali metodi di identificazione ed emersione.”

Il 69,8% delle vittime è destinato allo sfruttamento sessuale, il 30% a quello lavorativo e il 0,2% ad altre forme di sfruttamento. Anche nel 2019 le vittime principali del sex trafficking sono giovani donne: il 94,7% delle donne, anche minorenni, è destinato a questa forma di sfruttamento. Rispetto allo sfruttamento lavorativo (adulti e minorenni), invece, il 51,4% delle vittime è di sesso maschile e il 48,6% di sesso femminile.



Tornando in Italia, alle scarse attenzioni che come abbiamo visto le istituzioni riservano ai lobbisti, fanno da contraltare gli occhi puntati dalla procura di Piacenza su alcuni sindacalisti di base nel settore della logistica. Nelle 350 pagine dell'ordinanza che ha portato agli arresti domiciliari di sei dirigenti sindacali di Si Cobas e Usb, come riportato da
La Repubblica, si mettono in fila proteste e picchetti nei magazzini di Piacenza dal 2016 al 2021 in aziende come Gls, Tnt, Ikea, Amazon o Sda dove, secondo gli investigatori, si sarebbe svolta una vera e propria guerra tra sigle con blocchi delle attività, scontri, manifestazioni non autorizzate e sabotaggi dei macchinari. "Non è un'indagine contro i sindacati di base, ma contro alcuni leader che hanno gestito il sindacato come cosa loro anche a livello economico. Le prime vittime sono i lavoratori stessi", ha spiegato il procuratore capo di Piacenza, Grazia Pradella”. Vedremo dove porteranno le indagini, ma fa comunque un certo effetto vedere come le autorità siano così pronte nel punire i comportamenti di alcuni sindacalisti di base, mentre chiudono gli occhi sulle ben note pratiche elusive che i colossi della logistica utilizzano per non pagare le tasse e sulle condizioni dei lavoratori del settore.


Eppure, leggendo i dati del rapporto INAIL sugli incidenti mortali sul lavoro,
qui riassunti dall’ANSA, ci pare che la priorità dovrebbero essere proprio le condizioni di lavoro: le denunce di infortuni mortali "tradizionali" dopo i lockdown e le restrizioni del 2020 sono aumentate di quasi il 10%. Gli infortuni mortali accertati sul lavoro sono 685.


Chiudiamo la nostra passeggiata estiva tra le rovine umane del mondo dando uno sguardo all’ultimo rapporto di Antigone sullo stato delle carceri in Italia.

Il tasso ufficiale di affollamento a fine giugno era del 107,7%, con 54.841 persone recluse su 50.900 posti, anche se il tasso effettivo - conteggiando i posti letto realmente disponibili, che a luglio 2022 erano 47.235, è del 112%. In alcune regioni poi la situazione è ancora più difficile. In Lombardia, ad esempio, il tasso di affollamento è del (148,9%), mentre ci sono ben 25 carceri dove si riscontrano tassi superiori al 150%, cioè dove ci sono 15 detenuti laddove ce ne dovrebbero essere 10. I casi più critici si riscontrano negli istituti di Latina, con un tasso di affollamento reale del 194,5%; Milano San Vittore, che con 255 posti non disponibili ha un tasso di affollamento del 190,1%; Busto Arsizio, con tasso di affollamento al 174,7%; Lucca, con 24 posti non disponibili e un tasso di affollamento del 171,8%; infine il carcere di Lodi, con un tasso di affollamento al 167,4%. 

Come spiega Pietro Gonnella, presidente di Antigone, “alle ondate di caldo sempre più forti prodotte dai cambiamenti climatici non sono immuni neanche le carceri che, sempre di più, dovranno far fronte anche a questa variabile che può mettere a rischio la salute e la dignità delle persone detenute e degli operatori. Le carceri italiane non sono attrezzate per affrontare il caldo che ormai negli ultimi anni stiamo vivendo.”



FACTS ARE FACTS.

FICTION IS FICTION.


52 il numero dei miliardari italiani [Forbes]


5,6 milioni il numero di poveri in Italia [La Repubblica]


2.668 miliardari in tutto il mondo detengono un patrimonio complessivo pari a 


12.700 miliardi di dollari [Forbes]


902 milioni di poveri nel mondo vivono con meno di


 1,90 dollari al giorno [Action Aid]


3.231 morti o dispersi nel Mediterraneo e nell’Atlantico nord-occidentale nel 2022 [UNHCR]


88.745 Euro il reddito medio in centro a Milano


17.628 Euro il reddito medio a Quarto Oggiaro, periferia di Milano [Milano Today]




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