MARLA 5.21

MARLA #5.21

agosto - settembre 2021

MARLA #5.21 

Marla è il magazine di info.nodes, organizzazione no profit attiva dal 2020, costituita da un gruppo di persone che credono in una società libera, aperta, dove ingiustizie e ineguaglianze sono contrastate da una cittadinanza attiva.

Per questo promuoviamo il lavoro di giornalisti di inchiesta, attivisti, civic technologists e di chiunque condivida la nostra visione.

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Playlist

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Agosto - settembre 2021


INTRO

Vi racconto una storia.


In un paese lontano lontano, di cui non ricordo il nome, l’Imperatore decide di regalare ad ogni suddito del suo regno un vestito nuovo, filato con un pregiatissimo nuovo tessuto sviluppato nei più famosi laboratori alchemici oltremare e offerto gratuitamente da una grande azienda del settore dell’innovazione tessile.


I rappresentanti dell’azienda mostrano all’imperatore il loro filato più pregiato ed esclusivo, un tessuto talmente leggero e prezioso da risultare praticamente invisibile. L’imperatore in questo modo non solo potrà vestire i suoi sudditi con il più ricercato tessuto tecnologico, ma questi non potranno neppure nascondergli più nulla.


I cittadini, saputa la notizia, si radunano con i cuori pieni di gioia sotto il palazzo imperiale per ringraziare il loro imperatore di questo meraviglioso dono, che consentirà loro di essere eleganti come mai prima d’ora.

Nel giro di poche settimane l’azienda riesce a produrre e a consegnare un numero di capi sufficiente a vestire l’intera popolazione. Solo l’imperatore, per distinguersi dai suoi sudditi, indosserà invece un abito diverso, confezionato con uno spesso e pesante filato nero e oro.


Per festeggiare il regalo fatto al proprio popolo, l’imperatore organizza una giornata di festa in cui tutti i sudditi si ritroveranno nella piazza principale della capitale, indossando il nuovo meraviglioso vestito, per brindare alla potenza del loro regno.


Mano a mano che riempiono la piazza, i sudditi si accorgono che i loro concittadini sono completamente nudi. Nessuno però osa dire nulla, in fondo sono solo dei sudditi ignoranti, poco abituati al lusso e piuttosto che fare brutta figura è sicuramente meglio stare zitti.


Finalmente, allo scoccare del mezzogiorno, l’imperatore raggiunge i suoi sudditi nella piazza sul dorso del suo bellissimo cavallo di razza, completamente ricoperto da un meraviglioso abito nero, che non permette di vederne neppure il volto. L’imperatore passa tra le ali della folla, osannato da tutti, e guarda i suoi cittadini completamente nudi, felice finalmente di non dover più temere alcun segreto da parte loro.


A interrompere il giubilo e la festa è solo il grido di un bambino, che mentre l’imperatore gli sta passando accanto urla “Imperatore, ma siamo tutti nudi!”.


A quel punto, la madre del bambino, prende immediatamente il bambino a sé e con un timido sorriso sulle labbra si inginocchia di fronte all’imperatore. “Lo perdoni, è solo un piccolo bambino ignorante, che non ha mai avuto esperienza del lusso e della pura bellezza, dunque non capisce”.


L’imperatore, poggiando la mano sulla testa del bambino, gli dà una dolcissima carezza, ed esclama “Non ti preoccupare, è solo un bambino un poco ingenuo e poco acculturato. Le novità spaventano tutti all’inizio, ma poi ci si abitua e diventano la normalità”.


E vissero tutti infelici e scontenti. E nudi di fronte al potere, ovviamente.

M.

CORRUZIONE

E REATI ECONOMICI

I danni provocati dalla corruzione internazionale, di cui noi ricchi occidentali siamo i principali artefici, continua a devastare i più poveri del mondo e a mettere a rischio la stabilità e la sicurezza di tutti. Da Haiti all’Afghanistan, i drammatici eventi degli ultimi mesi ci hanno posto davanti agli occhi, in tutta evidenza, la portata delle conseguenze derivanti da sistemi di governo cleptocratici, corrotti, totalmente votati all’arricchimento dei pochi a danno dei molti. Sia il G20, ospitato quest’anno dall’Italia, che il G7 hanno posto nuovamente la lotta alla corruzione al centro dell’agenda politica globale. Sarà bene che questa volta alle dichiarazioni seguano atti concreti.


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EU Tax Observatory, centro di ricerca indipendente ospitato dalla Paris School of Economics, ha recentemente pubblicato un report sulla presenza delle maggiori banche europee nei paradisi fiscali.

Lo studio evidenzia come per il campione composto da 36 banche europee “nonostante la crescente rilevanza di questi temi nel dibattito pubblico e nel mondo politico, le banche europee non (abbiano) ridotto in modo significativo il loro uso dei paradisi fiscali dal 2014”. L’Osservatorio ha anche calcolato quanto potrebbero incassare in più in tasse i Paesi europei, se la proposta di una tassazione minima globale avanzata dal G20 venisse approvata: fino a 5 miliardi con una tassazione minima del 15%, fino a 9 miliardi con una tassazione minima del 21% e fino a 13 miliardi con una tassazione minima del 25%.


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Come abbiamo spesso ripetuto su queste pagine, se i nostri dati privati sono resi sempre più pubblici, i dati che invece dovrebbero essere pubblici sono troppo spesso “chiusi a chiave” e negati all’accesso dei cittadini. A cambiare questo scenario, almeno per quanto riguarda il settore pubblico, potrebbe essere la nuova direttiva europea 2019/1024 relativa all'apertura dei dati e al riutilizzo dell'informazione del settore pubblico, che dovrà essere recepita a breve anche nel nostro Paese. I percorsi di recepimento non sempre filano lisci e portano al risultato atteso dai più, per questo è bene monitorali attentamente. Lo fa l’associazione onData attraverso la sua newsletter, aggiornando i lettori su tutto ciò che si muove nel mondo dei dati aperti. 


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Anche quest’anno torna (per fortuna) il DIG Festival, che si terrà a Modena dal 30 settembre al 3 ottobre. Un programma ricchissimo, come già l’anno scorso, vedrà tra i partecipanti Mark O’Connell, Frank Pasquale, Nancy Porsia, Francesco Costa e Jillian C. York. Il titolo scelto per questa edizione è “Unmute”: è tornato il momento di mettere l’informazione, l’inchiesta e il punto di vista al centro, amplificando le tante voci che per troppo tempo sono state messe in muto. Ci saremo anche noi di info.nodes la mattina di sabato 2 ottobre, con un panel su open data e giornalismo di inchiesta. Venite a trovarci, vi aspettano anche tanti nuovi adesivi di MARLA.

SORVEGLIANZA

E DIRITTI DIGITALI

Non solo gattini, meme e propaganda politica: la nuova frontiera di Facebook è la religione.

Ne parla il New York Times, ripreso in Italia da questo articolo de Linkiesta in cui Dario Ronzoni racconta come la società di Mark Zuckerberg stia spingendo da tempo per stringere alleanze e collaborazioni con rappresentanti di culti e congregazioni religiose.

Il progetto, lanciato nel 2017, è quello “di fornire uno set di strumenti informatici per la diffusione online di prediche e preghiere e soprattutto per la raccolta delle offerte. Il guadagno delle chiese era ovvio: mantenere i contatti, in modo più stretto, con tutti i fedeli sparsi nel mondo. Per il social network gli accordi garantiscono l’accesso a una serie di dati molto preziosa, che riguarda l’esperienza religiosa, perciò molto intima e profonda, di milioni di individui”.

Insomma, a maggior ragione si potrà dire “dai nemici mi guardo io, dagli amici mi guardi...Facebook!”.


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Il ritiro degli USA e dei loro alleati dall’Afghanistan pone, tra i tanti, un problema non secondario: che ne sarà delle molte infrastrutture di riconoscimento biometrico e di raccolta di dati personali che i paesi occidentali hanno installato negli ultimi venti anni? E’ facile comprendere come l’enorme mole di dati accumulati in questo ventennio, oggi in mano al nuovo governo talebano, ponga dei seri rischi per l’incolumità dei cittadini. D’altra parte, quando gli attivisti per i diritti digitali si battono contro la diffusione di queste tecnologie a prescindere dal contesto contingente, lo fanno sapendo che le conseguenze inattese del proliferare di questi strumenti possono essere devastanti.


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Il capitalismo della sorveglianza avanza ad ampie falcate, ma c’è un mercato dove sembra correre particolarmente veloce: l’America Latina.

Ne scrive Laura Carrer, ricercatrice e attivista per i diritti digitali, in un articolo sul Manifesto in cui racconta il proliferare di tecnologie della sorveglianza in vari paesi dell’America Centrale e del Sud. Argentina, Brasile, Messico, nessuno Stato sembra immune a questa epidemia di videocamere e algoritmi di riconoscimento biometrico. Queste tecnologie vengono vendute da aziende europee, israeliane o cinesi che non si tirano indietro quando c’è da fare una proposta di vendita a prezzi stracciati. L’importante è “posare” l’infrastruttura in grado di raccogliere i dati, più che il prezzo a cui questa viene venduta.

L’emisfero sud del continente americano sta in pratica vivendo una seconda colonizzazione in cui i nuovi arrivati non portano febbre e raffreddore ai nativi, ma videocamere con riconoscimento.


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In Europa, invece, a preoccupare la comunità di attivista per i diritti digitali è la recente proposta di modifica di EURODAC, il database europeo delle impronte digitali di coloro che richiedono asilo politico e delle persone fermate mentre varcano irregolarmente una frontiera esterna dell'Unione Europea. Come afferma Edri, firmataria insieme ad altre 31 organizzazioni di una lettera aperta al Parlamento Europeo “EURODAC sta diventando un potente strumento per la sorveglianza di massa. Le modifiche proposte sulla banca dati, che implicano il trattamento di più categorie di dati per una serie più ampia di finalità, sono in palese contraddizione con il principio di limitazione delle finalità, un principio chiave UE sulla protezione dei dati”. Ancora una volta, la scure della sorveglianza si abbatte prima di tutto sui più deboli. La traduzione integrale della lettera aperta è disponibile sul sito del Centro Hermes.



DISUGUAGLIANZE

E GIUSTIZIA SOCIALE

Il discusso Heartbeat Atc, la legge antiaborto recentemente approvata in Texas, è un colpo micidiale ai diritti delle donne. Tra le varie implicazioni negative dalla sua entrata in vigore, c’è anche la fuga di molte donne desiderose di interrompere la gravidanza in altri Stati confinanti, dove si augurano di poter riprendere possesso del proprio corpo.

Un vero esercito di “rifugiate”, così le definisce Melissa Jeltsen in un articolo su Intelligencer che raccoglie diverse testimonianze di personale che lavora in cliniche mediche negli Stati confinanti con il Texas.


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Il British Medical Journal ha deciso di dire la sua sull’iniquità nella distribuzione dei vaccini a livello globale e lo ha fatto senza usare mezzi termini. Nel duro editoriale pubblicato il 16 agosto sul proprio sito, il BJM parla di “apartheid dei vaccini”, definisce l’iniquità nella distribuzione degli stessi come di un crimine contro l’umanità ed infine bastona sia le multinazionali che li producono che i governi che li acquistano, complici di aver creato un “racket della protezione”.

Infine, per rincarare la dose, sottolinea quanto il silenzio di molti soggetti che dovrebbero invece battersi per una distribuzione più equa, sia una forma di complicità.

“Perché i lavoratori e gli azionisti delle aziende produttrici di vaccini non parlano? Dove sono gli accademici che chiedono a gran voce di mettere a disposizione di tutti i “frutti dell'impresa scientifica”? Dove sono gli avvocati che chiedono giustizia globale e responsabilità aziendale? Quali leader delle nazioni ricche stanno facendo pressioni sulle aziende produttrici di vaccini per mettere al sicuro i propri cittadini rendendo sicuro tutto il mondo? Dov'è la mobilitazione di base di scienziati e operatori sanitari per lottare per un accesso equo ai vaccini?”. Queste sono alcune delle domande che, temiamo, rimarranno senza risposta.


Oltre alla distribuzione, Oxfam punta il dito anche sull’iniquità e la sproporzione dei profitti ottenuti dalle case farmaceutiche produttrici, soprattutto quelle americane che hanno potuto godere di una tassazione davvero favorevole:nonostante abbiano beneficiato di 8,3 miliardi di dollari di investimenti pubblici nello sviluppo dei loro vaccini, nella prima metà del 2021, Moderna ha pagato un'aliquota fiscale del 7% e Pfizer del 15%, ben al di sotto dell'aliquota legale statunitense del 21%.


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Con la caduta di Kabul in mano ai talebani, non possiamo non ripensare agli ultimi vent’anni di errori e orrori compiuti dagli USA e dai loro alleati in Iraq e in Afghanistan. Per meglio comprendere la questione, vi suggeriamo di guardare “Bitter Lake”, documentario di Adam Curtis uscito nel 2015 per la BBC. Curtis, partendo da un’analisi della narrazione semplificatoria, costruita ad arte dai governi occidentali, dei “buoni contro i cattivi” ricostruisce attraverso un uso esteso di cinegiornali e filmati d'archivio la violenza della guerra in Afghanistan.


AMBIENTE

E GIUSTIZA CLIMATICA

L’IPCC (International Panel on Climate Change) creato dalle Agenzie delle Nazioni Unite ha presentato il 6 agosto la prima parte del suo sesto report di valutazione. Le notizie, come era facile immaginarsi non sono buone: la salute del nostro Pianeta è compromessa e il sintomo più evidente sono i cambiamenti climatici che stiamo attraversando.

Il report presentato da IPCC, ottenuto analizzando oltre 14.000 articoli scientifici, è molto complesso e dettagliato, ma per fortuna il progetto editoriale Scienza in Rete ci viene incontro, offrendoci un’accurata lettura di sintesi del documento.

Dall’articolo a cura di di Annalisa Cherchi, Susanna Corti, Sandro Fuzzi è possibile capire quanto le implicazioni dei cambiamenti climatici saranno catastrofiche se non si agisce immediatamente, dato che “tutti i più importanti indicatori delle componenti del sistema climatico (atmosfera, oceani, ghiacci) stanno cambiando ad una velocità mai osservata negli ultimi secoli e millenni”.

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Mentre gli incendi infuriano nell'Amazzonia brasiliana, il ministro dell'ambiente Joaquim Leite ha annunciato che il governo ha raddoppiato il budget per l'applicazione della legge ambientale e che recluterà 700 nuovi agenti addetti alla protezione della foresta.

Meglio di niente, ma davvero troppo poco per la salvaguardia del più grande polmone del nostro Pianeta. Come scrive la ricercatrice ed attivista Luciana Téllez Chávez sul blog di Humans Right Watch le misure adottate sono troppo timide e assolutamente insufficienti per affrontare la “crisi amazzonica”.

Anche perché il problema chiave, più della mancanza di risorse o di personale delle agenzie ambientali, è la mancanza di volontà politica dell'amministrazione Bolsonaro di frenare la deforestazione selvaggia.


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Secondo quanto riportato da Global Witness nel suo report “Last line of defence” nel 2020 si sono verificati 227 attacchi mortali ad attivisti ed attiviste per l’ambiente. Un numero impressionante, quasi 4 morti a settimana, e che molto probabilmente è anche sottostimato perché non tutti i casi vengono riportati e “catalogati” con il movente corretto. Non solo uccisioni: chi difende l’ambiente, l’ecosistema, la propria terra, deve spesso fronteggiare anche altri abusi e violenze, come stupri, sorveglianza e intimidazioni. Il report di Global Witness è agghiacciante, ma va letto proprio per capire di quanta solidarietà e supporto abbiano bisogno i movimenti che lottano per la salvaguardia del nostro pianeta.

FACTS ARE FACTS.

FICTION IS FICTION.

  • A causa di incendi e disboscamenti, dal 2010 al 2019 il bacino amazzonico del Brasile ha emesso 16,6 miliardi di tonnellate di CO2, mentre ne ha assorbiti solo 13,9. [Wired]


  • Le 50 nazioni meno ricche, che ospitano il 20% della popolazione mondiale, hanno ricevuto solo il 2% di tutte le dosi di vaccino. [British Medical Journal]


  • La temperatura media globale del pianeta nel decennio 2011-2020 è stata di 1.09°C superiore a quella del periodo 1850-1900. [IPCC]


  • Profitti nei paradisi fiscali: 20 miliardi di euro, ovvero il 14% dei profitti totali delle banche va nei paradisi fiscali ogni anno. [EU Tax Observatory]


  • l’Interpol stima che i reati ambientali fruttino ai criminali tra i 110 e i 281 miliardi di dollari all’anno. [IRPI MEDIA]




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