MARLA 3.22

MARLA #3.22

Uomini contro

marzo 2022

MARLA #3.22 - UOMINI CONTRO

Marla è il magazine di info.nodes, organizzazione no profit attiva dal 2020, costituita da un gruppo di persone che credono in una società libera, aperta, dove ingiustizie e ineguaglianze sono contrastate da una cittadinanza attiva.

Per questo promuoviamo il lavoro di giornalisti di inchiesta, attivisti, civic technologists e di chiunque condivida la nostra visione.

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MARLA 3.22 - a cura di

Davide Del Monte


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INDICE

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INTRO

E’ sufficiente dare alcuni esami universitari di storia per rendersi conto di come la Storia dell’umanità sia un interminabile susseguirsi di guerre. Le date che si imparano, che si tratti di storia antica, medievale, moderna o contemporanea, sono date di guerre e di battaglie, di alleanze e di trattati di pace. Questi ultimi di solito si studiano più che altro per capire da una prospettiva storica gli errori che avrebbero poi dato il là alle guerre successive. ”Se solo il trattato di Versailles fosse stato meno duro” si impara di solito a Storia contemporanea.


La storia fluisce di epoca in epoca portandosi via i cadaveri dei soldati e, sempre di più con l’evoluzione tecnologica degli armamenti, i corpi di civili caduti a causa di guerre di cui, molto probabilmente, avrebbero fatto volentieri a meno.

La tecnologia, che dovrebbe aiutare l’umanità a vivere meglio, aiuta invece gli eserciti a uccidere di più.


Ci sono guerre interminabili - trenta, cent’anni - e ci sono guerre particolarmente cruente, la prima e la seconda guerra mondiale, la guerra in Ruanda, le guerre nei Balcani. 

Ci sono state guerre vicine e guerre lontane, guerre indimenticabili e guerre di cui a malapena ci ricordiamo. Ci sono conflitti che scorrono sottotraccia per anni, sfiorando solo per brevi lassi di tempo le nostre coscienze e la nostra attenzione, come in Siria e in Yemen; altri che invece crediamo non possano mai avere fine, come in Palestina.


In ogni caso ci sono guerre, sempre, di tutti i tipi.


Eppure la guerra è un atto orribile e bene la descrive Ugo Leonzio nella sue note introduttive al volume “La grande guerra vista dagli artisti”.


Ma per l'uomo comune, la guerra è la grande modificazione, un fenomeno che colpisce dall'interno e si rende più malvagio perché non sentito e non condiviso; la guerra vista dall'interno è privazione, solitudine, lontananza. L'uomo percorre tutte le stazioni dell'orrore, passa lentamente dal disumano all'inumano e non ha la chiave per capire o per sentire ciò che capisce, precipita nella malattia, scende i piani del Grande Sanatorio e senza quiete si spegne nei bui sotterranei degli istinti e degli appetiti. Infine l'orrore prolifera, si trasforma, assume aspetti variegati e affascinanti, dove la coscienza per vedere deve sospendersi - come davanti ai grandi fenomeni naturali che la sola spiegazione scientifica non risolve - per portarsi davanti a una lotta furibonda dove è ancora l'uomo, smisurato nella sua portata simbolica, che si distrugge nel duello innaturale: l'uomo e il tempo, l'uomo e le combinazioni meccaniche della vita, e qui non c'è la “resurrectine” di Raymond Roussel.


Come le impronte affumicate che i demoni lasciano a testimonianza sulle pareti dei luoghi sacri, i segni della battaglia restano sparsi sui corpi dei soldati, parti recuperate di una frantumazione.


Ecco le brevi note del diario ritrovato sul corpo putrefatto di un ufficiale austriaco: se Dio vedesse dall'alto questi solchi puzzolenti e chiazzati di sangue (le trincee) potrebbe credere che madre natura abbia il mestruo. La trincea: chi ha fatto la danza della morte nelle trincee e non vi è stato travolto, non ha che una sola via davanti a sé: la via del manicomio”.


Passano le epoche, ma l’uomo, oggi esattamente come duemila anni fa, continua a fare la guerra.


E ad ogni maledetta guerra corrisponde il solito “dibattito intellettuale” sulle ragioni e i torti delle parti in lotta, sull'analisi delle cause di lungo, medio e breve periodo, sulle conseguenze geopolitiche, economiche, sociali.


Nessuno che dia mai ascolto al tenente Sassu ("Uomini contro" di Francesco Rosi) quando ammonisce il suo interlocutore dicendogli che “quando vedi la guerra in faccia non hai voglia di parlarne!".


Nessuno, o quasi, ragiona secondo l’unico paradigma che mi sembrerebbe logico, che cioè il nemico, l’unico vero nemico, è la guerra, solo la guerra, la guerra in quanto tale, e che solo combattendo l’idea di guerra si potrà evitare in futuro di combattere contro un altro uomo che ha una divisa o una nazionalità diversa.


Bisognerebbe imparare che la pace non si costruisce in tempo di guerra, ma prima e dopo, con l'obiettivo che non ci sia mai più un durante. Diverse organizzazioni, attivisti e attiviste di tutto il mondo lavorano quotidianamente a questo obiettivo, rimanendo purtroppo quasi sempre inascoltate e ai margini del dibattito pubblico.


È proprio a loro invece che bisognerebbe tendere l'orecchio e fornire il nostro supporto, economico o intellettuale che sia.


E dovremmo soprattutto imparare a combattere ingiustizie e disuguaglianze prima che diventino “cause ragionevoli” per cui cominciare una nuova guerra.


Anche se la guerra fa notizia, e la pace no.



Anche se la guerra fa profitto, e la pace no.


UOMINI E DONNE CONTRO LA GUERRA

Tra le organizzazioni italiane che lavorano quotidianamente per la pace, segnaliamo la Rete Italiana Pace e Disarmo, nata il 21 settembre 2020 dalla unificazione di due organismi storici del movimento pacifista e disarmista italiano: la Rete della Pace (fondata nel 2014) e la  Rete Italiana Disarmo (fondata nel 2004).


La Rete Italiana Pace e Disarmo partecipa a diverse iniziative internazionali, come ICAN, la Campagna Internazionale per l’Eliminazione delle Armi Nucleari a cui è stato assegnato il Premio Nobel per la Pace 2017. Purtroppo, come possiamo constatare, all’assegnazione del Nobel non è corrisposta un’azione coerente da parte dei Paesi che possiedono armamenti nucleari.


Nell’aprile 2018 la Rete Italiana Pace e Disarmo ha inoltre presentato una richiesta di indagine, assieme a Mwatana for Human Rights (Yemen) e al Centro europeo per i diritti costituzionali e umani ECCHR (Berlino), sull'export di armi italiane nello Yemen. Nel febbraio 2021 il giudice per le indagini preliminari di Roma ha ordinato la prosecuzione dell’indagine penale, ma il pubblico ministero ha deciso di non procedere ulteriormente. Le tre organizzazioni hanno quindi presentato un ricorso, sostenendo che ci sono prove sufficienti nel caso per passare direttamente al processo.


Un’altra campagna internazionale di grande interesse e che, come vedremo, tocca un tema molto sensibile, è Stop Killer Robots. Come spiegano i promotori della campagna, all’estremità più estrema dello spettro della crescente automazione si trovano le armi autonome o robot killer. L’autonomia nella tecnologia ha bisogno di una regolamentazione perché Governi e aziende stanno sviluppando armi che automatizzano la decisione di usare la forza. Queste tecnologie disumanizzano le persone, ci riducono a stereotipi – dati da elaborare. Un controllo umano significativo dovrebbe essere centrale nel nostro rapporto con la tecnologia e il ruolo che gioca nelle nostre vite. Abbiamo bisogno di valorizzare le persone, in tutte le nostre complessità e umanità – fermare i robot killer è quindi essenziale.


La "Global Campaign on Military Spending" sostiene invece la riallocazione delle spese  militari ai settori della pace e del disarmo, nonché ai servizi pubblici come la salute e l'istruzione. Come possiamo pretendere di vivere in un mondo di pace, se chi lavora per questo obiettivo non ha risorse, mentre l’industria della guerra è costantemente finanziata dai governi con miliardi e miliardi di soldi pubblici?

Costruire la pace costerebbe sicuramente meno che foraggiare la guerra.


L'Organization for World Peace (OWP) ha una missione simile alle iniziative precedenti e riconosce in maniera esplicita che “la pace senza giustizia è semplicemente impossibile”. Gli attivisti e i ricercatori di OWP credono che un percorso verso la pace debba includere anche un percorso verso la giustizia. Per questo sostengono soluzioni pacifiche e collaborative a questioni complesse, come le violazioni dei diritti umani e il degrado ambientale.


Costruire la pace, evidentemente, è tutt’altro che facile. Chi ci prova sa che dovrà scontrarsi contro avversari che dispongono di risorse economiche infinite e possibilità di propaganda e di distorsione della realtà senza precedenti. Per questo, la costruzione della pace deve partire dall’educazione, come suggerisce la Global Campaign for Peace Education (GCPE),  una rete informale internazionale che promuove l'educazione alla pace in scuole, famiglie e comunità per trasformare la cultura della violenza in una cultura di pace.


L’educazione passa anche dalle università e dal mondo della ricerca, che si sta mobilitando per dare una mano a chi la guerra non solo non vuole farla, ma si trova anche a subirla sulla propria pelle. E’ il caso dello European Economic Association (EEA) che incoraggia i dipartimenti di economia in Europa a utilizzare il JEEH (Jobs for Economists in Europe Hub) per pubblicizzare posizioni temporanee per aiutare accademici di qualsiasi nazionalità colpiti dal conflitto in corso nell'Europa orientale. 


Non possono mancare in questo elenco di organizzazioni e movimenti per la pace, i collettivi anarchici che in tutta Europa - e non solo - si muovono da sempre per chiedere la pace e lo smantellamento dei costosissimi apparati militari. Alcuni sono riusciti a fare oggi un passo in più, come a Londra dove hanno occupato un lussuoso palazzo appartenente a un oligarca russo. Nel comunicato del gruppo anarchico si legge “Occupando questa villa, vogliamo mostrare solidarietà al popolo ucraino, ma anche al popolo russo che non ha mai accettato questa follia”. L’edificio sarà utilizzato come centro di accoglienza per i rifugiati ucraini che stanno scappando dalla guerra.


Rimanendo nella sfera dell’anarchismo, in Italia Umanità Nova, il settimanale fondato nel da Errico Malatesta nel 2920, che oggi vive anche sul web, aggiorna costantemente i suoi lettori sulle iniziative di matrice pacifista anarchica in giro per il paese. Anche se non ne condividete la visione, vi suggeriamo di sostenere Umanità Nova con un abbonamento: 50 euro all’anno per mantenere vive le idee di Enrico Malatesta sono un piccolo pegno che ci si può permettere.


Anche in Russia c’è chi cerca, in mezzo a mille difficoltà, di supportare chi la guerra proprio non la vuole. OVD-Info è un progetto indipendente sui diritti umani dedicato alla persecuzione politica in Russia. I volontari dell’organizzazione danno supporto legale a coloro che vengono perseguitati per aver esercitato il diritto alla libertà di riunione e altri diritti politici fondamentali. OVD-info pubblica anche un monitoraggio sui detenuti politici (o sui semplici attivisti arrestati perché contrari alla guerra e alle politiche di Putin): dal 24 febbraio al 17 marzo 2022 i manifestanti russi contro la guerra arrestati erano poco meno di 15.000.


Una parola che amiamo particolarmente: diserzione.

Ne avevamo già parlato in passato, ma mai come oggi è utile riprenderlo e rivederlo: "How to Disappear" è un documentario contro la guerra, un percorso alla ricerca di una possibilità di pace nel luogo più improbabile: un gioco di guerra online.

Prodotto dal collettivo artistico Total Refusal, che promuove azioni di "guerriglia mediatica pseudo-marxista" incentrate sull'intervento artistico e sull'appropriazione dei videogiochi mainstream, "How to disappear" è un tributo alla disobbedienza e all'abbandono, sia nella guerra digitale che in quella fisica-reale.

Buona visione.


TECNOLOGIE CONTRO LA PACE

Come spiega perfettamente la campagna Stop Killer Robots di cui abbiamo precedentemente parlato, il settore della difesa (leggi “armi”) è quello da sempre più incline a investire e sperimentare in nuove tecnologie. 


E’ così ad esempio per il riconoscimento facciale, di cui abbiamo spesso scritto su queste pagine. Come riporta Reuter, il ministero della Difesa ucraino ha iniziato a utilizzare la tecnologia di riconoscimento facciale di Clearview AI, dopo che la startup statunitense si è offerta di scoprire gli assalitori russi, combattere la disinformazione e identificare i morti, come ha riportato lo stesso amministratore delegato dell’azienda. L'Ucraina sta ricevendo libero accesso al potente motore di ricerca per i volti di Clearview AI, consentendo alle autorità ad esempio di controllare le persone ai checkpoint.

Il fatto che questa tecnologia così invasiva venga utilizzata dagli ucraini contro l’esercito russo non la rende migliore, anzi, quello che sta accadendo spiega perfettamente perché la campagna Reclaim Your Face ne chiede il divieto: il riconoscimento facciale è pericoloso, ed è pericoloso proprio perché un’arma e come tale andrebbe limitato e regolamentato.


E d’’altra parte, quando un’arma funziona, funziona per tutti. Infatti anche in Russia, come riporta Wired Italia, grazie a Sphere, operativo dal 2020 nelle stazioni metropolitane, le forze dell’ordine identificano attivisti e giornalisti che si oppongono all'invasione dell'Ucraina. Il sistema di riconoscimento facciale Sphere “riconosce persone ricercate e avvisa la polizia nella metropolitana in 3-5 secondi, dopodiché vengono prontamente arrestate”. Il sistema trasforma il volto di un passeggero che attraversa il tornello in un’impronta biometrica univoca, confrontandola poi con le banche dati della polizia.


Le nuove frontiere della difesa non si limitano certo al riconoscimento facciale: armi sempre più avanzate e tecnologiche hanno ormai invaso il mercato e il timore è che presto ce le troveremo anche nelle nostre città, proprio come succede per le telecamere.

I cani robot ne sono un esempio: il mese scorso abbiamo visto come il governo americano stia già pensando di dotarsi di questi “aiutanti robotizzati” per pattugliare il confine con il Messico, ora si comincia anche a parlare di cani robot dotati di armi da fuoco. Perché limitarsi ad abbaiare, se si può anche sparare?


Purtroppo non possiamo  limitarci solamente agli incubi tecnologici che provengono dal settore degli armamenti. Anche il mondo social e della comunicazione genera mostri.


Come fa notare Andrea Borruso, presidente di onData, su Twitter anche i programmi di grafica e visualizzazione dei dati si adeguano e normalizzano la guerra. E’ il caso di Datawrapper che dopo l’invasione russa ha deciso di includere tra le icone disponibili per i propri utenti anche caccia militari e carri armati, elicotteri e bombe che cadono dal cielo.


Anche le maggiori piattaforme social si adeguano ai venti di guerra. Il The Guardian riporta che TikTok ha bloccato tutti i contenuti non russi in Russia, pur continuando  a consentire l’accesso ai contenuti caricati da account nazionali, inclusi quelli prodotti dai media controllati dal governo. Come spiega Tracking.exposed, un'organizzazione senza scopo di lucro che studia la profilazione e il monitoraggio degli utenti di internet "è la prima volta che un social media globale divide la disponibilità dei contenuti su tale scala".


Allo stesso tempo l'Open Observatory of Network Interference (OONI) - un progetto di software libero senza scopo di lucro che monitora la  censura di internet in tutto il mondo - ha rilevato che molti provider di servizi Internet (ISP) hanno iniziato a bloccare l'accesso a diversi siti Web di media, nonché a un sito Web (200rf.com) che condivide informazioni sui soldati russi catturati e uccisi in Ucraina. I dati OONI mostrano anche che gli ISP russi hanno iniziato a limitare l'accesso a Twitter il 26 febbraio 2022 e sono passati a bloccarlo entro il 4 marzo 2022, a quel punto hanno anche iniziato a bloccare l'accesso a Facebook. 


’Insomma, la Russia è sempre più isolata e l’accesso alle informazioni per i suoi cittadini sempre più difficile, sia per colpa del proprio governo che per scelta delle piattaforme social globali. Difficilmente si può costruire la pace sulla base dell’ignoranza.


CHE FARE?

Come abbiamo visto, ci sono diverse iniziative che cercano di sradicare la guerra dal novero delle abitudini umane, ma il percorso è ancora molto lungo, impervio, a tratti quasi impossibile. Quindi che fare oggi, di fronte alle guerre che scuotono il nostro presente? 


Ecco alcune iniziative che secondo noi meriterebbero maggior attenzione e diffusione.


Prima di tutto, se si vuole costruire la pace bisogna capire chi sta facendo la guerra, e non sempre è così facile. Ci aiuta in questo senso l’Atlante delle guerre e dei conflitti nel mondo, progetto dell’associazione 46° Parallelo, nata a Trento nel 2008, i cui soci rivendicano “il diritto ad essere partigiani, cioè di parte. Siamo e saremo sempre contro la guerra”.

E noi con loro.     


La guerra è sempre preceduta e accompagnata da censura e propaganda. Nel caso di regimi dittatoriali come quello russo, la censura diventa un muro quasi invalicabile per i cittadini che vorrebbero sapere cosa sta succedendo fuori dalla propria porta di casa. Una risposta alla censura operata dal Cremlino e dalle piattaforme arriva dal sito Squad303, creato da un gruppo di programmatori polacchi per aiutare le persone di tutto il mondo a stabilire un dialogo con le loro controparti russe. Dal sito è possibile inviare un sms a dei numeri di utenti russi, per informarli di quanto sta accadendo in Ucraina o semplicemente per chiedere “ciao, come stai?”.


Per quanto concerne il monitoraggio della censura di internet, i progetti Ooni e Tracking.exposed di cui abbiamo parlato nel capitolo precedente, hanno costantemente bisogno di volontari che facciano “girare” le loro applicazioni per rilevare quali siti o contenuti social sono censurati e dove. Per contribuire a queste attività contro la censura è sufficiente installare Ooni Probe e/o l’estensione per i browser di Tracking.exposed.


Se l’idea di rete unica, libera e globale è a rischio, bisogna iniziare a ragionare su modelli alternativi, locali e sostenibili. Così fa Irene Doda, esplorando il mondo di Ninux e delle reti comunitarie.


Oltre a distruggere vite umane, edifici, strade e ponti, la guerra spazza via anche i siti internet. Per questo ArchiveTeam, un gruppo di archivisti e programmatori fondato nel 2009 per preservare i siti Web a rischio, sta tentando di salvare “il web ucraino”. Il progetto ucraino di ArchiveTeam Warrior ha eseguito il backup di circa 2,6 TB di dati, inclusi 52 milioni di "elementi" da siti Web che terminano con .ua, il nome di dominio di primo livello ucraino. 


Non solo la memoria ucraina è da preservare, ma quella di tutti i paesi che subiscono una guerra. Il collettivo Mnemonic opera a livello globale per aiutare i difensori dei diritti umani a utilizzare efficacemente la documentazione digitale delle violazioni dei diritti umani e dei crimini internazionali per sostenere la difesa, la giustizia e la responsabilità.


Nel caso dello Yemen, un altro progetto particolarmente interessante è lo Yemen Data Project. Si tratta di un progetto indipendente di raccolta dati volto a raccogliere e diffondere dati sullo svolgimento della guerra in Yemen, data la totale assenza di documenti militari ufficiali.


Anche ActionAid si è attivata per dare supporto agli ucraini e alle ucraine in fuga dalla guerra. Insieme a emergenzeHack, un collettivo no-profit inclusivo di attivisti civici italiani, ha realizzato il portale UkraineHelp, con lo scopo di raccogliere, verificare, aggregare e diffondere informazioni utili che possono essere di aiuto al popolo ucraino in difficoltà a causa della guerra, in particolare alle persone che sono state costrette a lasciare il proprio Paese.


FACTS ARE FACTS.

FICTION IS FICTION.

Sabato 12 marzo in Arabia Saudita sono state eseguite 81 condanne a morte in un solo giorno. (IlPost)


Alla Camera dei Deputati sono tutti d’accordo per far salire le spese della Difesa al 2% del Pil: un extra budget di 8-9 miliardi per arrivare a investire 100 milioni al giorno. (La Stampa)


In pratica, la spesa militare italiana passerà dai circa 25,8 miliardi l’anno attuali (68 milioni al giorno) ad almeno 38 miliardi l’anno (104 milioni al giorno). (MIL€X)


Mentre scriviamo, un'azione di Leonardo vale 9,02 euro. Un mese fa esatto, valeva 6,41 euro. Complimenti, amici investitori! (Google Finanza)


L'azienda del settore più ricca rimane la Lockheed Martin, che nel 2020 ha registrato ricavi per 65,6 miliardi di dollari, in crescita dell’11% rispetto al 2019. (Formiche)


Tra aprile e giugno del 1994, circa 800.000 ruandesi furono uccisi nell'arco di 100 giorni. (BBC)



333 persone sono state uccise solo a febbraio nella guerra in corso in Siria da circa 11 anni. Lo riferisce l’Osservatorio nazionale per i diritti umani in Siria, secondo cui nel bilancio si contano 161 vittime civili, di cui 34 tra bambini e adolescenti e 11 donne. (L’Avvenire)


Dopo sette anni di conflitto in Yemen sono almeno 377 mila i morti, mentre 20 milioni di persone necessitano di assistenza umanitaria. (Lifegate)

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